La Pintadera Sarda… e non solo

Pintadera Sarda

La pintadera è un simbolo associato a diverse culture preistoriche, di cui in realtà non è chiaro il reale significato. Ciò, perlomeno, a giudizio degli “accademici”.
Certamente, la sua forma ricorda i Mandala, rimandando alle antiche tradizioni, orientali e non. Si potrebbe aprire un appassionantissimo capitolo a questo riguardo. Ma il punto che mi interessa mettere in risalto è un’altro.
Infatti, noi concentreremo la nostra attenzione sulla pintadera sarda. O, per meglio dire, su un episodio a essa correlata. L’immagine associata all’articolo è una sua tipica raffigurazione. Il suo creatore è una nostra conoscenza, l’amico Mariano Abis, che tra l’altro ci propone la sua lettura riguardo i “travagli” della pintadera.

Una pintadera di troppo

Rivolgiamo il focus verso un ormai famigerato documentario Rai. Lo storico divulgatore Piero Angela conduceva il programma, girato in diretta all’interno della piramide di Cheope. A un certo punto, egli non potè ignorare l’improvvisa “apparizione” di una pintadera sarda in prossimità dello stemma del faraone.
Come giustificare la presenza di tale simbolo all’interno di una presunta tomba regale, per di più in una simile posizione?
Angela fece una fondamentale premessa. Spiegò infatti che la pintadera è associabile agli Shardana, antico popolo Sardo di guerrieri mercenari (sic!). Quindi, propose (o per meglio dire, impose) una spiegazione implausibile. La pintadera si trovava all’interno della piramide come “omaggio” del faraone verso i suoi “fedeli” guerrieri.
Posto che le tre piramidi del complesso di Cheope non sono mai state delle tombe, la spiegazione di Angela lascia molto a desiderare. Infatti, è rigidamente allineata con quanto imposto dalla storiografia ufficiale.

Chi erano veramente gli Shardana?

Infatti, per quale motivo il faraone avrebbe dovuto riservare una tale onoreficenza a dei semplici mercenari?
Presunti mercenari, che, tra l’altro, al giorno d’oggi vengono sistematicamente “dimenticati”!
Prima di fornire una possibile spiegazione, vorrei far presente una piccola “curiosità storica”. Nel 1824 il re Carlo felice di Savoia istituì a Torino il primo museo egizio. Questo non solo era il primo museo egizio del continente, ma addirittura del pianeta. Addirittura, è tutt’ora considerato per valore e quantità dei reperti, il più importante al mondo dopo quello del Cairo.
Ufficialmente, questa enorme mole di materiale proveniva interamente da collezioni private acquistate dai Savoia (anche nei decenni successivi) e da ritovamenti effettuati proprio in Egitto. Ma c’è un importante non detto…

Nuovamente l’Atlantide del Mediterraneo: la Sardegna

Giova ricordare che all’epoca il regno Sardo-Piemontese dei Savoia era denominato Regno di Sardegna. L’isola aveva una grande rilevanza, non solo nominale, all’interno dello stato. Numerose scoperte archeologiche stavano vedendo la luce. Chiaramente, anche allora non c’era alcun interesse nel renderle pubbliche.
Tra gli “oggetti scomodi” che vennero trafugati, si trovavano diversi reperti di “tipo egizio”. Mia (e non solo) personale opinione è che la base di quello che divenne il museo di Torino era in realtà il frutto degli scavi effettuati nell’isola che fu Atlantide.
In questo modo, venivano colti i due classici piccioni con una fava. Questi oggetti scomodi “sparivano”, e al contempo andavano addirittura a dar lustro ai re sabaudi.
Ovviamente, a tutt’oggi il quantitativo del materiale trafugato è cresciuto a dismisura. Non è un segreto che sia andato ad arricchire svariate collezioni private.
I tombaroli non sono una prerogativa dell’Egitto!

Mercenari?

In conclusione, tutti gli indizi portano, ancora una volta, alla stessa tesi.
Svarianti millenni fa, la Sardegna era abitata da un popolo dotato di un livello altissimo di conoscenze e tecnologie. Con tutta probabilità, questo popolo era il frutto di una commistione. Da una parte, c’era un gruppo di esseri che vennero appellati come “divinità” giunte dal cielo attraverso delle navicelle spaziali. Dall’altra, c’erano ovviamente le popolazioni native. Questo popolo, o perlomeno i loro capi, cioè “gli dei”, si mossero a più riprese. Essi si stabilirono non solo in Egitto, generando una nuova commistione, ma probabilmente anche in luoghi lontanissimi. Come, ad esempio, il Sud America.

Egizi, Sardi o entrambe le cose?

Sicuramente, nel corso del tempo il popolo Shardana può essersi specializzato nella navigazione e nella guerra. Ma quando il saggio indica la luna, noi non dobbiamo rimanere imperterriti a fissare il dito!
Quindi, ecco spiegato il motivo per il quale la pintadera era presente all’interno della piramide. Non era un omaggio del faraone, ma era un suo simbolo! Infatti, gli Shardana erano i progenitori degli antichi re egizi. Ma non solo…

Perchè nascondere la verità?

Posto che le osservazioni qui proposte sono soltanto delle mie opinioni, ormai il dato di fatto è che la storia vada riscritta.
Se questo processo non è ancora stato accettato (perchè in realtà è già cominciato, e non da poco tempo!) è soltanto perchè noi non siamo ancora pronti per fare il definitivo step evolutivo.
Non giriamoci attorno. Non c’è una “colpa” da parte di chi detiene il potere.
La responsabilità è nostra. Rendere pubblico il fatto che la Sardegna sia stata la culla di una civiltà (fra le tante giunte su questo pianeta) con origini extraterrestri infrange degli enormi tabù. Ma non solo.

La verità è sempre rivoluzionaria

Questa rivelazione (come ogni altra) porrebbe anche dei problemi pratici. Infatti, risulteremmo meno controllabili, in quanto prenderemo, seppure lentamente, coscienza delle enormi tecnologie, nonchè del bagaglio spirituale che queste civiltà possedevano.
In tempi relativamente brevi, chiederemmo che tutto ciò ci venga restituito.
E, infine, decideremmo di riprendercelo.
Cosa aspettiamo?